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“Anni di sofferenza per un reato inesistente”, il calvario di un professionista monteleprino

La Terza Sezione penale del Tribunale di Palermo, all’inizio dell’anno, lo riconobbe innocente: nessun mancato controllo sui lavori di ampliamento del campo di calcio di contrada Presti. E così il 6 giugno scorso, con il deposito delle motivazioni della sentenza, per l’architetto monteleprino Rosario Di Noto, direttore di quei lavori, si è conclusa un’odissea giudiziaria durata quasi cinque anni e che ha visto imputati anche gli amministratori delle due aziende che eseguirono l’ampliamento del campo.

I fatti risalgono al 2008, quando il comunale di Montelepre si apprestava a diventare la struttura che oggi conosciamo. Per la realizzazione del manto erboso, la ditta aggiudicataria dell’appalto (la Layer Spa) ricorse all’impiego di maestranze e mezzi di un’altra azienda (la F.lli Anastasi srl) contravvenendo al diniego espresso dalla stazione appaltante, cioè il Comune, che attraverso i suoi funzionari preposti considerò quei noleggi un vero e proprio subappalto ed intravide una omissione nei controlli da parte del direttore dei lavori.

La normativa antimafia, infatti, stabilisce che i subappalti siano valutati ed autorizzati dall’amministrazione aggiudicatrice nella misura in cui l’impiego di manodopera, le forniture con posa in opera e i noli a caldo superino il 2% dell’importo delle prestazioni affidate, o superino i 100 mila euro, o qualora il costo della manodopera o del personale sia superiore al 50% dell’importo del contratto da affidare.

L’appalto fu di 665 mila euro e la Layer, come hanno dimostrato i documenti contabili raccolti durante la fase istruttoria, pagò alla F.lli Anastasi 12.770 euro oltre IVA; ben al di sotto dei vincoli imposti dalla Legge. Di conseguenza il direttore dei lavori non commise l’illecito intravisto dai funzionari del municipio.

Nella motivazione il giudice Giancarlo Tempra ha accolto la tesi del difensore del professionista monteleprino, l’avvocato Pietro Sapienza, affermando che “Difettano pertanto i requisiti oggettivi del reato contestato e gli imputati vanno assolti perché il fatto non sussiste”. “Un’assoluzione – commenta l’architetto Di Noto – costata cinque anni di grande sofferenza”.

“Anni di sofferenza per un reato inesistente”, il calvario di un professionista monteleprino ultima modifica: 2014-09-05T07:00:17+02:00 da Giacomo Maniaci

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