
“Si tornanu i tempi antichi amu a biriri comu faciti” mi dicevano mio padre e mio nonno e lo dicono i nonni ai nostri figli, a proposito delle “comodità” della vita moderna.
Questo rimbrotto è suonato e suona come una spropositata esaltazione della frugalità, una sottolineatura delle dure condizioni di vita a cui le generazioni passate sono state costrette durante e subito dopo la guerra, ma anche come una sorta di invito a conservare gelosamente le conquiste di cui le nostre generazioni godono, essendo il nostro paese entrato nel novero delle nazioni Sviluppate, del “Primo Mondo”. Da qualche anno quelle parole stanno assumendo però un altro sapore.
Quando un paese e un territorio possono essere annoverati tra quelli “sviluppati”? Fondamentalmente il criterio scientifico per definire “sviluppato” un paese è quello che valuta oltre al reddito pro-capite ed al PIL anche la qualità dei servizi, del sistema sanitario, la qualità dell’ambiente e quindi dei servizi ambientali, l’approvvigionamento e la distribuzione idrica, la bontà del sistema scolastico, la viabilità, la rete ferroviaria e le infrastrutture in genere.
Ebbene, se dobbiamo valutare con onestà questi parametri, le parole dei nostri nonni assumono un valore quasi profetico: stiamo sicuramente regredendo. Stiamo assistendo nel nostro paese a scene che non ricordavamo da decenni, le autobotti che girano incessantemente per le vie del paese, le auto con i portabagagli carichi di taniche d’acqua, e inoltre nella nostra provincia pullulano i cumuli di spazzatura quasi a ridisegnarne il paesaggio, le difficoltà economiche sempre crescenti delle famiglie, il lavoro che sempre piu diventa una chimera, la sanità che è diventata palesemente lo specchio del fallimento della politica, raffigurano un quadro di una terra che non riesce a tenere il passo, e che invece ha una pressione fiscale comparabile a quella dei paesi e delle regioni con standard di sviluppo elevatissimi.
Capire come si è arrivati a questo punto è più semplice di quanto si possa pensare, più difficile è trovare le soluzioni per riportare la nostra terra in condizioni dignitose. Se come è vero la causa principale dello status quo è la cattiva politica è facile capire che bisogna ripartire da lì, la scelta delle nuove classi dirigenti diventa una discriminante tra il precipizio e la speranza.
La partecipazione diretta alla vita pubblica, l’individuazione di una classe politica eticamente inappuntabile preparata e generosa, diventa l’unico strumento per invertire la tendenza.