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Presentato «Una Storia. Barbara», il libro di Sara Favarò

Ieri presso la cripta di Santa Rosalia, ha avuto luogo la presentazione del libro di Sara Favarò “Una Storia Barbara”.

La violenza di genere è una vera e propria  violazione dei diritti umani ed è a tutti gli effetti una conseguenza delle forme di violenza meno conclamate e palesi che molte donne subiscono ogni giorno.  Le violenze o gli omicidi sono commessi dai familiari, mariti e padri, amici, vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o di studio. Questo è il pensiero iniziale con cui la presidente del CIF,  AnnaMaria Gaglio, introduce la presentazione di questa storia triste ma purtroppo reale.

La violenza di genere non consiste solo nell’aggressione fisica di un uomo contro una donna, ma include le vessazioni psicologiche, i ricatti economici, le minacce, le varie forme di violenza sessuale, le persecuzioni- conclude la presidente passando la parola alla protagonista Barbara.

“La storia è ambientata in quel di Dicembre, quel sabato 23 dicembre che cambiò la vita della protagonista Barbara. B. sino ad allora era una donna felice, sposata e mamma di due figli e del terzo in arrivo, amava il suo lavoro di ragioniera ma qualcosa quel giorno la segnò per sempre- racconta la protagonista ospite d’onore alla giornata di presentazione. Quel giorno,anzi quel pomeriggio -prosegue- lo voleva dedicare a lei e al suo piccolo in arrivo uscendo a fare compere, ma una telefonata variò i suoi programmi, un suo collega le chiedeva di vedersi poiché doveva raccontargli delle cose. I due si videro,dopo aver parlato del periodo natalizio come due persone normali, quasi amici, ma poi scesero dalla macchina e lei si sentì colpire da qualcosa di molto pesante, fece in tempo a chiedersi cosa fosse che quel qualcosa di molto pesante la colpì una seconda volta; impaurita si girò e vide lui che la colpiva con violenza dicendo:” Visto che non puoi esser mia, preferisco saperti morta” e da qui la colpì altre due volte aprendole il cranio. La ragazza, all’epoca 29enne, ha iniziato ad urlare a chiedere aiuto, ma invano, non c’era nessuno in quella S.Statale; lui, volendola vedere morta, non esitò ad impartirle ulteriori violenze, difatti  estrasse un coltello dalla tasca e l’accoltellò all’addome, inevitabile fu la perdita del bimbo che portava in grembo. Lei era lì a terra agonizzante, ma sempre viva, vigile che gli chiedeva di smetterla, ma niente lui la voleva vedere morta: così la cosparse di carburante e giornali e le diede fuoco. Lei aguzzò l’ingegno allora e lo assecondò, si finse morta, cosicché lui a quel punto salì in macchina e se ne andò via.

La forza che la pervase fù indescrivibile, neanche lei oggi sa bene come ha fatto, ma si alzò e fuggì in autostrada; vitale fu per lei il soccorso datole da due giovani ragazzi che si trovavano per caso quel giorno li: subito la portarono al pronto soccorso e da li cominciò il suo Calvario. B. ebbe appena il tempo di dire il numero di suo marito che collassò, entrando in coma. Le sue condizioni erano delle peggiori, ferite e ustioni gravissime, ematomi in testa che potevano portarla alla morte e invece dopo 10 giorni si svegliò, la corsa in vari reparti, prima per controllare l’ematoma poi al centro ustioni per cercare di salvarla da infezioni e tamponare quanto più possibile le ferite. Il dolore che provò fu tanto, aveva perso tutta la massa muscolare, dovette cominciare la riabilitazione; furono mesi di dolore e agonia ma la sua voglia di vivere e di farcela non l’hanno mai abbandonata, così come la famiglia.

La presidente del Cif, che insieme all’Ass. Arca e al Comune di Montelepre ha reso possibile quest’incontro, l’ha paragonata a Santa Caterina la quale ebbe la forza di combattere per giungere al suo obiettivo: quello di entrare nel clero nonostante la sa situazione di analfabetismo e di disaggio economico. La presidente prosegue come questa tematica sia il fulcro dell’associazione e come sia importante il dialogo nelle scuole in primis, educarli ad aprirsi a confidarsi, obiettivo che pervade anche ogni conferenza che B. tiene; sottolinea infatti che i suoi interventi vogliono solo sensibilizzare le vittime a non stare più in silenzio ma ad aprirsi e farsi aiutare. Ad intervallare l’intervento, la lettura di una poesia in siciliano del poeta partinicese Francesco Billeci, il quale racconta tutto il percorso della violenza sulla Donna.

Prima di concludere la sua storia, B. sceglie di mostrare e commentare delle immagini che la rappresentano nei momenti peggiori: mostra il suo corpo ustionato, le bende che deve portare, il risveglio dal coma e ancora la foto del suo aggressore. Già la foto del suo aggressore, perchè è giusto farla vedere e dire che uomo fù e come fù difeso, anzi addirittura premiato sul posto di lavoro- aggiunge la protagonista.

La storia prosegue con tutto ciò che consegue quindi la denuncia, il processo e la speranza che lo Stato l’aiuti; così non fu, non fù ascoltata, ne aiutata, si dovette pagare tutte le cure, perse il lavoro e l’unico spiraglio di luce rimastole era proprio la sentenza: sentenza che non fu per niente a suo favore, anzi la pena si ridusse a 4 miseri anni di arresti domiciliari. Non le rimase nulla, se non la giustizia divina a cui le si appella ogni giorno. Oggi B., è una donna forte, innamorata della vita e della sua famiglia, scelse di mettersi in gioco  diventando mamma di una splendida bambina, ha ripreso in mano la sua vita: una sola cosa non ha potuto riavere, un lavoro, in quanto tutti guardavano il suo aspetto e la rifiutavano per questo.

Dopo aver mostrato due cortometraggi realizzati sulla sua storia, una dei quali candidato al festival di Venezia,l’associazione Arca le omaggia un pensiero di ringraziamento per la sua presenza e testimonianza, con l’augurio che quella percentuale di casi di violenza di genere si trasformi il prima possibile in percentuale di denunce fatte dalle vittime.

Non è facile trovare ogni giorno la forza e il coraggio di andare avanti, tanto meno dopo le sentenze e le porte chiuse in faccia in campo lavorativo, ma lei ha dimostrato che nella vita se ci credi si può andare avanti, abbattendo il muro del dolore e dell’indifferenza in cui molto spesso si rimane attanagliati.

<La violenza contro le donne è forse la violazione dei diritti umani più vergognosa. Essa non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza. Fin tanto che continuerà, non potremo pretendere di aver compiuto dei reali progressi verso l’uguaglianza, lo sviluppo e la pace.>  (Kofi Annan)

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Presentato «Una Storia. Barbara», il libro di Sara Favarò ultima modifica: 2016-04-30T08:01:53+02:00 da Gloria Migliore
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